Quando i lager dove venivano rinchiusi gli ebrei non riuscirono più a contenerli e l’economia di guerra rendeva insostenibile il loro mantenimento, i nazisti trovarono la soluzione più logica e economicamente più vantaggiosa.
L’eliminazione fisica.
Dal punto di vista di una razionale gestione del problema, le camere a gas, e i forni per smaltire i cadaveri, erano più che efficienti e, a una analisi costi-benefici, pure convenienti.
La stragrande maggioranza dei carichi di merce umana che arrivava nei campi non finiva nemmeno internata.
Passavano direttamente dai vagoni alle “docce”.
Una lunga agonia, in attesa che stenti e malattie facessero il loro dovere, era antieconomica. Senza contare i problemi logistici e sanitari che questo avrebbe comportato.
All’inizio avevano pure provato a guadagnarci su cercando di venderla alle democrazie quella eccedenza di inutili esseri umani ormai diventati improduttivi e non integrabili nel progetto di sviluppo del grande Reich, ma le nazioni civili, di caricarsi il problema sulle spalle non ne volevano proprio sapere.
Qualche nave salpò alla ricerca di un corridoio umanitario.
Ma nessuno fu disposto a pagare il costo della corsa.
La superiorità morale va bene quando non si deve intaccare il proprio portafoglio. Il diritto alla vita è affare tuo. Di mendicanti accucciati ai bordi della tavola ne abbiamo già troppi.
Anni dopo, quando le truppe tedesche, in simbiosi con le truppe alleate, smisero di fare il lavoro sporco, eseguita la necessaria pulizia che periodicamente riporta uomini, risorse e merci a una dimensione “accettabile” e gestibile dal sistema capitalistico, quella stessa borghesia che si era tappata il naso per non sentire il puzzo dei corpi bruciati si auto assolse.
Inventò le giornata della memoria e fu prodiga di medaglie e imperitura riconoscenza per quei pochi che erano andati contro corrente.
Gli eroi antirazzisti che fino al giorno prima avrebbe, con
noncuranza e con malcelata soddisfazione, consegnato agli aguzzini.
O li avrebbe denunciati alla polizia, non tanto perché ideologicamente avvelenata dalla propaganda razzista ma, molto più prosaicamente perché in questo modo si toglievano dattorno il concorrente che gli rubava i clienti, il padrone di casa che non voleva abbassare l’affitto, il professore che aveva bocciato il figlio.
La coscienza delle classi parassitarie gravita attorno a una certezza ancestrale. Meno siamo, più sarà facile accedere alle briciole che cadono dalla tavola delle classi dominanti. Meno concorrenti, più sicura sarà la nostra esistenza.
E il modo migliore di eliminare i concorrenti è ammazzarli.
Ora una cosa è certa. Le grandi migrazioni sono un dato di fatto. Così come è un dato di fatto che i paesi “avanzati” non possono sostenere il peso del mantenimento dei milioni di senza lavoro che esso stesso a creato.
Né a casa “nostra”, né a casa “loro”.
E’ una contraddizione “insanabile” che mette in discussione lo stesso modo di produzione e i meccanismi di estrazione del profitto.
L’eccedenza di umanità non è una anomalia.
E un prodotto del sistema economico attuale.
Il mercato produce merci e, allo stesso modo e con ritmo più elevato, produce disoccupati. Senza risorse, poveri.
Provare a governare questo processo è fatica di Sisifo.
Sfamare i poveri del mondo? E come si fa quando non si è nemmeno capaci di sfamare quelli che abbiamo già sotto casa.
Scegliere chi è utile e si può integrare e chi va respinto, sulla base di chissà quale merito o secondo gli interessi nazionali del momento può quietare la coscienza pelosa di qualche cattocomunista, ma è il classico cucchiaino con cui si vorrebbe svuotare il mare.
Non c’è nessuno da “aiutare”.
C’è solo da prendere atto che, giorno dopo giorno, si sta accumulando una energia compressa che esploderà anche se quell’esplosione potrebbe non piacerci.
In fondo il piccolo borghese razzista, nel suo elementare e classista modo di affrontare il problema, ha ragione.
Milioni e milioni di donne, uomini, spesso ragazzi che premono ai confini dell’impero sono un fenomeno eversivo, rivoluzionario.
Rivoluzionario non perché qualcuno vuole dare nuovi compiti e finalità al libero sviluppo delle forze materiali della storia.
Ma perché “oggettivamente” sono un elemento di rottura dei precari equilibri esistenti.
Una variabile incontrollabile e non integrabile.
Stati, nazioni, mercati, chiese, tutto viene investito e messo in discussione ogni volta che un barcone, una carovana, un tir, scaricano il loro carico di clandestini con i loro bisogni, la loro voglia di combattere, il loro desiderio di sopravvivere.
Nessun “teorico” barbaro aveva ipotizzato la caduta della società schiavista, eppure quel mondo crollò e una nuova civiltà sorse dalle macerie della vecchia.
Suggestioni?
Quale differenza ci sta fra eliminare qualcuno in un lager o respingerlo affinché siano altri a farlo al posto tuo?
Perfino dal punto di vista morale i nazisti stanno mezzo gradino più in su di questa canea reazionaria che invoca l’esercito, i muri, il filo spinato, le gabbie, e si eccita per la “caccia al nero”.
Di questa civiltà avanzata, e pure anche progressista, che lavora per la soluzione finale di un problema che essa stessa ha creato, ben cosciente che non ha altra alternativa che le camere a gas e i forni.
Ma la democrazia liberale è moralmente superiore, tiene alle forme e alla legalità. Ha una costituzione da rispettare.
Soprattutto è vile. Troppo attaccata alla tranquillità e alla sicurezza del suo quotidiano. Alla movida e all’apericena.
Al massimo paga qualcuno per togliersi le rogne di torno.
Respingiamoli!
Non siamo noi, buoni e onesti cittadini, a ammazzarli.
Saranno gli Erdogan, i Serraj, i mercenari “fascisti”, le guerre che, oltretutto, fanno così bene alle nostre fabbriche di armi e alle nostre economie. In lager lontani da dove non arriva l’acre odore della carne morta.
Sarà il mare, quando non ci si mette di mezzo la buona stagione, a affogarli. Il deserto a arrostirli. Il virus se smettesse di ammazzare le persone sbagliate e facesse bene il suo dovere.
Ma andateci voi a respingerli sul “bel suol d’amore” se ci avete il coraggio di farlo.
Perché i “barbari”, prima o poi, i loro “diritti” se li conquistano e i “corridoi” da cui proromperà una nuova umanità se li creano da soli.