In questi giorni si ripete un copione già visto e rivisto, la volpe (o lo sciacallo che ne veste la pelle) che non riesce ad arrivare all’uva dice che l’uva è acerba. Ci spieghiamo meglio, in tutti i telegiornali, sui social e sui giornali vengono mostrate le scene di masse che affrontano la repressione dei robocop bielorussi (gli omon), di donne che restano per ore in presidio – fiori bianchi e rossi alla mano e supportate dagli uomini che portano generi alimentari – per la liberazione di figli, mariti e compagni arrestati, nelle ore e nei giorni precedenti.
Chi vuole vedere vede, video e foto di operaie e operai, lavoratrici e lavoratori che scendono in sciopero spontaneamente, si hanno notizie di pezzi degli apparati di repressione e dell’esercito che in alcuni casi solidarizzano con i manifestanti e in altri si rifiutano di prendere parte alla repressione… una situazione di polarizzazione crescente dello scontro di classe, che potrebbe assumere col passare del tempo i connotati del dualismo di poteri, come quello apertosi dopo la rivoluzione democratica del febbraio 1917 in Russia.
Eppure, nonostante tutto ciò c’è chi, incurante delle innumerevoli dimostrazioni contrarie di questi anni, almeno dal 2011 in poi, crede ancora fermamente che siano le agenzie di intelligence a fare la Storia, che migliaia di persone scendano in piazza ad affrontare gli apparati di repressione perché pagati dalla CIA (sic!).
Fuori dal recinto rossobruno dei complottisti indefessi appena descritti, stanno quelli che riconoscono la spontaneità delle manifestazioni ma avvertono sulla possibilità che esse si reincanalino nell’alveo istituzionale e vengano ricondotte a più miti consigli, che prevalga insomma il programma democratico borghese della leader dell’opposizione.
E quindi? Forse che i bolscevichi nel febbraio 1917 visto che la rivoluzione era partita da rivendicazioni democratiche, in primis la pace, si sono rintanati nel loro buen retiro e hanno gridato al complotto del Kaiser per indebolire militarmente la “Madre Russia”?
Ovviamente no, allora che fare? Intanto non supporre che il proprio ombelico sia il centro del mondo e accettare, obtorto collo, la realtà che nessuno di noi è Lenin esiliato in Svizzera, che aspetta il momento opportuno per affacciarsi dalla porta del vagone alla stazione Finlandia, e riarmare teoricamente il Partito con le Tesi di Aprile.
E poi studiare, analizzare, guardare foto e video, leggere testi e comunicati in lingua originale (sfruttando i servizi di traduzione online, laddove non si abbia padronanza della lingua). Prendere contatto con compagni che in Bielorussia, in Russia o nei Paesi vicini condividono posizioni autenticamente marxiste ovvero internazionaliste rivoluzionarie socialiste.
Considerare la situazione per quella che è, un campo di battaglia aperto, dove l’unica posizione inutile e anzi controproducente è lo stare alla finestra credendosi impotenti o peggio ancora gridare al gombloddo!1! avendo pre-giudicato non conforme ai “canoni” e ai “dogmi” della rivoluzione, ciò che sta accadendo oggi a Minsk e domani, più a est…