Dichiarazione congiunta di Prospettiva Operaia e Avanzata Proletaria
Tra i tanti appelli alla coesione nazionale piovuti in questi giorni a seguito della crisi del governo, oltre a quello del miliardario capopopolo del M5S, ormai buffone di corte, Beppe Grillo, il più discusso è stato quello dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (ANPI), sottoscritto da buona parte delle organizzazioni riformiste, nelle loro varie articolazioni politiche, sindacali e associative.
Non ci dilungheremo sul contenuto di tale appello perché si tratta della solita vergognosa retorica nazionalista e interclassista sulla salvezza nazionale. La stessa di borghesi e padroni, del presidente di Confindustria Bonomi e dell’Unione (imperialista) Europea, dei partiti di governo e dei sindacati filopadronali CGIL, CISL e UIL, che infatti firmano anch’essi l’appello: la necessità di una “grande alleanza democratica e antifascista per la persona, il lavoro e la socialità”, basata sui “valori della solidarietà e della prossimità”, “della pace e dei diritti umani”, per la difesa della democrazia e della Costituzione nate dalla Resistenza. Il messaggio resta quello della salvaguardia del sistema di sfruttamento, dell’oppressione e del massacro sociale della classe lavoratrice, la salvaguardia dello status quo, della democrazia borghese italiana e del capitale.
Questa operazione di rimozione della divisione in classi della società “democratica” tra sfruttati e sfruttatori, proletari e capitalisti, allo scopo di produrre un salvifico messaggio per l’unità degli oppressi con i propri oppressori, ha visto a sinistra il sostegno con la propria firma, tra gli altri, del movimento delle Sardine, di Sinistra Italiana e del Partito della Rifondazione Comunista. Quest’ultimo, immediatamente dopo la pubblicazione dell’appello, ha confermato la propria firma con un patetico articolo del segretario Maurizio Acerbo in difesa: della “Costituzione repubblicana del 1948”, quella che, al contrario di quanto scritto nell’appello in questione, è stata la manifestazione plastica del tradimento del PCI nei confronti delle ragioni sociali della resistenza antifascista e ha permesso al grande capitale di ricostruire lo Stato borghese.
Ragionando in termini interclassisti, Acerbo considera la Costituzione repubblicana “un programma di lotta per la trasformazione della società”, uno strumento di “lotta contro i nuovi fascismi”, la “base indispensabile per affrontare la crisi che viviamo”, per la cui risoluzione il Prc propone ovviamente un asse strategico con la borghesia “progressista”. Niente di nuovo, è dai tempi del bertinottismo imperante che Rifondazione “Comunista” si auto-iscrive a pieno titolo nell’alveo dei partiti repubblicani dell’arco Costituzionale, partecipando tra l’altro ai vari governi di centrosinistra succedutisi nella fase d’oro del bipolarismo italiano. Un’epoca ormai tramontata, mentre la fase in corso ha sancito la fine di ogni illusione riformista, riducendo ai minimi termini le formazioni che ad esso si sono orientate.
si domandano smarriti i compagni del PCL nel loro comunicato. Per poi giustamente rispondersi che “l’opposizione del PRC in tutta la sua storia politica è stata sempre in funzione della ricomposizione di governo”. Ma allora perché gli si è proposto di volta in volta di costruire insieme il “parlamento delle sinistre”, che non è mai nato, e il “coordinamento delle sinistre di opposizione”, che è nato morto? Una morte, tra l’altro, prevedibile essendo quel “fronte” nient’altro che un minestrone politico senza principio alcuno nato dalla sommatoria di piccoli gruppi orientati su posizioni riformiste (Sinistra anticapitalista), centriste (lo stesso Pcl), nazionaliste e/o maostaliniane (PCI, Città Futura, Fronte Popolare, PMLI). Perché il PCL non si è risparmiato in questi anni nel produrre appelli al voto per lo stesso PRC (e persino per Sinistra italiana)? Perché continua a scrivere lettere (come è lo stesso comunicato in questione) alla (più immaginaria che reale) base di Rifondazione?
A nostro avviso, perché la logica del Pcl, come quella di altri microgruppi, è di continuare a vivacchiare provando a strappare qualche militante alle altre organizzazioni riformiste e centriste con cui ci si sente in competizione. Un approccio che si è rivelato fallimentare e che ha portato alla disintegrazione dei vari gruppetti “marxisti” che lo hanno seguito. Invece di concentrarsi sulla costruzione all’interno della classe e fra i lavoratori in lotta, invece di lavorare alla formazione dei militanti e dei quadri, si persevera in fallimentari tentativi di interlocuzione col fantomatico “popolo della sinistra” e ci si accoda a tutto ciò che si muove (dai vari “fronti” con soggetti più o meno improponibili alla rivendicazione della “patrimoniale”) contribuendo all’ulteriore arretramento della coscienza di classe.
In tali frangenti risulta evidente quanto la subordinazione alle correnti opportuniste o burocratiche del movimento operaio e la mancata analisi della crisi capitalista con le sue conseguenze politiche e sociali abbiano finora ostacolato la costruzione di un partito, e tanto più d’una internazionale operaia e rivoluzionaria. L’instabilità costante dei governi della borghesia è la risultante dell’aggravamento della crisi economica che contribuisce a porre le basi per l’acutizzarsi della lotta di classe. Bisogna prepararsi e preparare l’avanguardia di classe, è necessaria un’organizzazione marxista e rivoluzionaria che sappia analizzare il processo della crisi capitalista mondiale e sia in grado di fornire un’alternativa politica ai lavoratori e alle lavoratrici. Il partito è lo strumento collettivo con il quale intervenire nelle crisi e nelle contraddizioni della società, e può essere soltanto il prodotto di una battaglia politica. Il partito del quale necessitiamo è un partito basato su un programma e una strategia rivoluzionaria, che sia capace di collegare la lotta per le rivendicazioni immediate dei lavoratori e degli oppressi all’obiettivo dell’abbattimento del capitalismo su scala mondiale.
Avanzata Proletaria
Prospettiva Operaia